martedì 6 gennaio 2009

Un po' di STORIA 5 - Dino Zoff








« Era un portiere di grandissimo livello, capace di restare calmo nel corso dei momenti più duri. Egli è sempre frenato sia dal pudore che dal rispetto degli avversari. Alla fine della partita contro il Brasile, è venuto a darmi un bacio sulla guancia, senza dire una sola parola. Per me, quel momento fugace è stato il più intenso di tutta la Coppa del Mondo. »
(Enzo Bearzot, ex C.T. della nazionale italiana, da fifa.com)

Dino Zoff (Mariano del Friuli, 28 febbraio 1942) è un allenatore di calcio, dirigente sportivo e ex calciatore italiano, di ruolo portiere. Campione europeo nel 1968, campione mondiale nel 1982 e vice-campione mondiale nel 1970 con la Nazionale italiana. Nel 2004 Pelé ha incluso il suo nome nei FIFA 100, l'elenco dei 125 migliori giocatori viventi..
Reputato uno dei portieri più abili nella storia del calcio, è il vincitore più anziano della Coppa del mondo, vinta nel 1982, all'età di quarant'anni, come capitano della Nazionale italiana. Occupa la 49° posizione nella speciale classifica dei migliori calciatori del XX secolo pubblicata dalla rivista World Soccer.
Finora è l'unico giocatore italiano che è stato sia campione europeo che campione mondiale con la propria Nazionale.

Si affacciò nel calcio professionistico a 19 anni grazie all'Udinese, squadra nella quale esordì in Serie A il 24 settembre 1961 in Fiorentina-Udinese 5-2. Estremo difensore di sicura affidabilità e freddezza, Zoff divenne titolare della squadra friulana nella successiva stagione in Serie B; il Mantova riportò nel 1963 il portiere in serie A e lo tenne fino al 1967, anno del passaggio al Napoli e dell'arrivo in Nazionale. Difese la porta della squadra partenopea per 143 incontri, prima di essere ceduto alla Juventus. In Nazionale si alternò con Albertosi finché, dal 1972, divenne il titolare indiscusso per circa 11 anni.
Nello stesso anno fu ingaggiato dalla Juventus per difenderne la porta: fino alla fine della stagione 1982-1983 non avrebbe più saltato una partita di campionato. Al sodalizio sportivo con la Juventus sono, inoltre, legate tutte le vittorie con squadre di club, sia come giocatore che come allenatore: in undici stagioni da portiere vinse per sei volte il titolo di campione d'Italia (1972-1973, 1974-1975, 1976-1977, 1977-1978, 1980-1981, 1981-1982, due Coppe Italia (1978-1979, 1982-1983) ed una Coppa UEFA (1976-1977).


Dal 1968 al 1983 Zoff difese in totale per 112 volte la porta della nazionale italiana, della quale, dopo Paolo Maldini (126 presenze) e Fabio Cannavaro (116) è il calciatore con più presenze ed il primo ad aver raggiunto la quota delle cento presenze. Vinse il campionato europeo di calcio nel 1968 in Italia ed il campionato del mondo di calcio nel 1982 in Spagna, unico calciatore italiano del dopoguerra ad avere vinto sia la competizione mondiale che quella continentale per squadre nazionali.

Alla fine della carriera di calciatore, entrò nei ranghi tecnici della FIGC e gli venne affidata la conduzione della nazionale Olimpica, che riuscì a qualificare al torneo olimpico di Seoul nel 1988 che l'Italia chiuse al quarto posto.
Nell'estate del 1988 fu ingaggiato come tecnico della Juventus, con la quale rimase due stagioni, vincendo una Coppa Italia e una Coppa UEFA. Nel 1990 assunse la guida tecnica della Lazio, squadra della quale ricoprì anche la carica di presidente durante la gestione proprietaria di Sergio Cragnotti.
Nel 1998, a seguito dell'eliminazione della Nazionale ai quarti di finale del campionato del mondo in Francia, Zoff fu chiamato a sostituire Cesare Maldini in vista del campionato europeo del 2000 disputato in Belgio e Paesi Bassi. Sotto la guida di Zoff l'Italia arrivò in finale dopo avere eliminato in semifinale proprio l'Olanda padrona di casa; in finale la Francia, dopo essere stata in svantaggio fino agli ultimi minuti, pareggiò a pochi secondi dalla fine con Wiltord e vinse con un golden goal segnato da Trézéguet nei tempi supplementari. Al termine della partita Zoff fu aspramente criticato da Silvio Berlusconi, leader di Forza Italia e presidente del Milan[2] ed a tali critiche Zoff reagì annunciando le proprie dimissioni immediate in segno di protesta.[3]
La più recente esperienza in panchina di Zoff risale al campionato 2004-2005, quando condusse la neopromossa Fiorentina alla salvezza in Serie A, subentrando all'esonerato Sergio Buso.
Nel 2005, per celebrare il proprio 50° anniversario, l'UEFA invitò ogni federazione nazionale ad essa affiliata di indicare il proprio miglior giocatore dell'ultimo mezzo secolo. La scelta della FIGC ricadde su Zoff, designato quindi Golden Player dall'UEFA.

Presenze consecutive in Serie A: 332 (Napoli 2, Juventus 330), dalla 28a giornata del campionato 1971/72 alla 30a del campionato 1982/83 (fino al settembre 2005 Dino Zoff deteneva anche il primato assoluto di presenze in serie A, 570, superato da Paolo Maldini e Gianluca Pagliuca).

Imbattibilità in nazionale: 1.143 minuti, dal 20/9/1972 al 15/6/1974 (Italia-Haiti 3-1, goal di Emmanuel Sanon).

Calciatore più anziano ad avere vinto un Campionato del mondo (11 luglio 1982, 40 anni, 4 mesi e 14 giorni).
Insieme a Gianpiero Combi nel 1934, Zoff è stato l'unico portiere ad avere vinto una Coppa del Mondo in qualità di capitano della sua nazionale.

Gli inizi:

Dino Zoff, figlio di Mario e di Anna, aveva sogni grandi come tutti i ragazzi della sua età. Avrebbe voluto fare il calciatore, da grande. Ma conosceva il significato di certi valori. La fatica, il lavoro. Glieli aveva trasmessi papà Mario, che alla mattina partiva per i campi e tornava solo dopo il tramonto per tenere in piedi la famiglia. Avrebbe voluto fare il portiere di calcio, il piccolo Dino. Ma venne su senza smanie, senza viaggiare troppo con la fantasia. Prima il lavoro, la scuola. Poi il calcio, e se davvero un giorno fossero venuti fuori i numeri allora sì, se ne sarebbe parlato. Era il verbo del Mario, e Dino non fece fatica ad accettare perché era in sintonia.Così, arrivarono i tempi dell'officina. Dino partiva ogni mattina in bicicletta verso Gorizia per andare a sistemare motori. Altra vocazione. Ci sapeva fare, il ragazzo, e il mestiere gli piaceva. Portava a casa i primi soldi, sessantamila al mese, e i padroni gli permettevano anche di andare a giocare a pallone. Tra i pali, naturalmente. A faticare, anche lì, perché quello era il credo e lo sarebbe sempre stato. I suoi idoli di ragazzo, del resto, erano sportivi che si arrampicavano quotidianamente sui muri alti del sacrificio. Fausto Coppi e Abdon Pamich, eroi di modestia, uomini veri. Campioni nel ciclismo e nell'atletica, discipline in cui non puoi barare quando resti solo con te stesso a misurare i limiti della tua resistenza.Fatica, sacrificio. Parole ricorrenti, nel vocabolario di un ragazzo del Friuli che imparava a farsi uomo e ad esprimersi con poche frasi, con l'arte dei gesti e dei silenzi, degli sguardi e delle pause. Fatica, sacrificio. Nella vita, nel lavoro e anche nello sport. Nel calcio. Il portierino cresceva, sudava, giocando nella Marianese, praticamente sottocasa. Ma era, appunto, un portierino. Piccolo e gracile, a quindici anni. Si parlava di lui, vennero a vederlo gli osservatori di Inter e Juve. Ma ai provini lo scartarono, nell'ordine, Giuseppe Meazza e Renato Cesarini. Lui non si abbatté. Si rimboccò le maniche, in officina e sui campi. E nel frattempo maturò, anche fisicamente. Avrebbe potuto diventare un buon meccanico, il figlio del Mario. Diventò calciatore. Diventò leggenda!

L'oro di Napoli
Alla fine, qualcuno finalmente notò il portiere della Marianese. Racconta Luigi "Cina" Bonizzoni, che lo fece esordire in Serie A nell'Udinese e lo lanciò definitivamente nel Mantova, che «il vero scopritore di Dino si chiamava Comuzzi, girava tutto il Friuli come osservatore e lo portò all'Udinese». Dove iniziò la leggenda, l'avventura. Una brutta domenica di fine estate, in fondo: è il 24 settembre del '61, Dino ha diciannove anni e mezzo, Bonizzoni lo mette in campo contro la Fiorentina e lui incassa cinque reti. Le ricorda ancora oggi: «Andai al cinema qualche giorno dopo. Nell'intervallo c'era la Settimana Incom, fecero vedere i gol di quella partita e io sprofondai sotto le poltroncine». Poi la retrocessione, la prima stagione da numero uno in Serie B. Nonostante questo, Dino non riuscì a essere profeta in patria. Due anni difficili, gelo intorno e poca propensione al perdono da parte dei tifosi. Per ogni errore, un processo. Meglio cambiare aria. E l'aria nuova, pulita, la trovò a Mantova. Con Bonizzoni allenatore, appunto. «Lo vidi arrivare con una 600 elaborata che filava velocissima. Il cofano era legato con una cinghia, perché rischiava di alzarsi controvento. Sì, Dino non aveva dimenticato come si curano i motori. Ma quella macchina gliela proibii. Mi sembrava un rischio assurdo». Mantova fu la tranquillità, la maturità. Tre stagioni in A e una in B, una progressione costante. Accanto a compagni di squadra che si chiamavano Gigi Simoni, Gustavo Giagnoni, e poi Tomeazzi, Cancian, Nicolè, Sormani, Schnellinger. E Santarelli, il portiere arrivato da Bologna con un ginocchio malandato, che si fece da parte e prese il giovane Zoff sotto la sua ala protettrice.
muri alti del sacrificio. Fausto Coppi e Abdon Pamich, eroi di modestia, uomini veri. Campioni nel ciclismo e nell'atletica, discipline in cui non puoi barare quando resti solo con te stesso a misurare i limiti della tua resistenza.Fatica, sacrificio. Parole ricorrenti, nel vocabolario di un ragazzo del Friuli che imparava a farsi uomo e ad esprimersi con poche frasi, con l'arte dei gesti e dei silenzi, degli sguardi e delle pause. Fatica, sacrificio. Nella vita, nel lavoro e anche nello sport. Nel calcio.

Mantova fu la famiglia, anche. L'incontro con Anna, l'amore, il matrimonio. Quattro anni indimenticabili, prima di quel trasferimento rocambolesco: doveva essere Milan, all'ultimo momento (addirittura qualche minuto oltre quello che allora era il tempo massimo) fu Napoli. E Napoli fu un altro passo nella costruzione della leggenda.Cinque stagioni in cui il calcio italiano imparò a conoscere Dino Zoff. Fino ad aprirgli le porte della Nazionale, dove iniziò la convivenza con il più grande dei suoi rivali, Ricky Albertosi, esattamente l'opposto di Dino dal punto di vista tecnico e caratteriale. All'ombra di Ricky, Zoff visse l'avventura mondiale di Messico '70 dalla panchina. Ma l'Europeo '68, quello della doppia finale con la Jugoslavia, fu un'emozione tutta sua. E dietro alle prime gioie azzurre, l'azzurro di Napoli. Napoli e Dino Zoff, un amore apparentemente strano e incomprensibile. Città estroversa, uomo chiuso e riflessivo. Così vicini, così lontani. Fatti l'uno per l'altra, nonostante tutto. E che squadra, poi, davanti alla porta di Zoff. Altafini e Sivori, Juliano e Panzanato, Canè e Montefusco, Barison e Bianchi. Un gruppo che avrebbe potuto andare oltre il secondo della stagione '67-68. Si parlava di scudetto, certo, in quegli anni napoletani. Se non arrivò, fu per certi problemi che si vivevano fuori dal campo: le lotte al vertice della società, la frenesia che agitava i dirigenti e inevitabilmente si ripercuoteva sui giocatori.

Gli anni della SignoraÈ già una stella, Dino Zoff. E il bello deve ancora arrivare. Anno 1972, il campione ha trent'anni precisi quando si chiude il ciclo di Napoli. Quando arriva il richiamo della Signora del calcio italiano. Lassù, a Torino, la Juventus sta rifondando e rinascendo intorno a un gruppo di giovani che faranno storia. Ci sono Bettega, Causio, Anastasi, Altarini, Capello.C'è posto anche per Zoff. Che chiude in valigia i ricordi migliori e parte per una nuova avventura. Durerà undici stagioni, e forse all'inizio neppure lui l'avrebbe immaginato. Lo inseguiva da tre stagioni, la Juventus. Era un altro Zoff, così diverso da quel ragazzino scartato al famoso provino del '58. Era un portiere che dava sicurezza. Certo, i grandi "numeri uno" del passato forse non lo hanno mai amato del tutto: troppo lontano dal concetto di uomo volante, mai percorso da quella vena di follia che per tradizione portava i portieri alla bravata, al gesto spettacolare. In un mondo di adorabili pazzi, Dino Zoff porta la sua saggezza antica. Niente fuochi d'artificio, tanta concretezza. La prima Juve di Zoff, quella del '72-73, vince subito lo scudetto. Lui la ricorderà sempre come la più bella, la più spettacolare. «C'erano Causio, Haller, Bettega. La velocità insieme alla fantasia, la classe mescolata al dinamismo. Dopo arrivò gente come Benetti e Boninsegna, che aumentò forza fisica ed esperienza del gruppo. Ma quella prima Juve mi è rimasta nel cuore». Arrivò altro, dopo. Cabrini, Tardelli. E soprattutto gli stranieri. Il primo fu Brady, a ruota arrivarono Platini e Boniek. Gli anni di Trapattoni, per capirci, e di un calcio italiano che riapriva le frontiere e si faceva più scaltro, più scafato. Undici stagioni e almeno due cicli bianconeri. Che finalmente riempirono la bacheca di Zoff di trofei. Sei scudetti, una Coppa Uefa, due volte la Coppa Italia. E una serie di record difficili da battere. Di fedeltà, di longevità.


Il mondo in manoNegli anni della Juventus, Dino Zoff diventa il Mito. SuperDino, per tutti. E gli anni bianconeri sono anche i migliori anni azzurri, quelli in cui Zoff diventa inamovibile e insostituibile tra i pali della Nazionale e tutti gli eredi non possono che accomodarsi ad aspettare che il re abdichi. Quattro Mondiali vissuti intensamente: quello della panchina a Messico '70, quello delle delusioni e dei rimorsi per un'Italia incompiuta nel '74, in Germania. E poi, i più importanti. Argentina '78, la condanna e il declino annunciato. Spagna '82, la rivincita e il trionfo del campione che risorge senza troppi proclami, non con le parole ma con il lavoro duro.In Argentina, Zoff sale sul banco degli imputati. Il quarto posto dell'Italia è considerato una mezza debacle, attribuita soprattutto a lui, alla sua incertezza nel respingere i tiri da lontano. Zoff, si dice, sta diventando vecchio, ha i riflessi appannati. Lui incassa le critiche, non le approva ma tace. E riparte. Quattro anni dopo, più ancora che quelle della finale contro la Germania, l'immagine del trionfo mondiale degli azzurri è quella della mano di Zoff che al 90° della semifinale tra Italia e Brasile inchioda sulla linea di porta il pallone colpito di testa da Paulo Isidoro, salva il vantaggio azzurro e trascina la squadra in finale. E il campione che si rialza guarda dritto davanti
a sé, e il suo sguardo sembra rivolgersi a quelli che lo avevano condannato prima del tempo in Argentina. Ditelo adesso, c'è scritto in quello sguardo, che sono vecchio e appannato. Un attimo. Perché Dino Zoff non è un uomo in cerca di rivincite. Quello che gli interessa è andare oltre, migliorarsi. Anche a quarant'anni. E a quarant'anni, infatti, diventa Campione del mondo!

Il Mito azzurroAltra immagine. La carezza a Bearzot dopo la vittoria in finale, prima di alzare la coppa al cielo, da capitano. Un sorriso aperto, finalmente, e quella carezza leggera a un uomo della sua stessa terra, come lui e più di lui spesso ingiustamente criticato. Un uomo a cui Dino Zoff sente di dovere molto, dal punto di vista tecnico e soprattutto da quello umano.Dino Zoff chiude la carriera azzurra dopo 112 partite, per lungo tempo record assoluto per un giocatore italiano, sopravvanzato ultimamente solo da Paolo Maldini e Cannavaro. La sua faccia tranquilla e sicura è finita sulle copertine di Time e di Newsweek, le sue mani che alzano la Coppa su un francobollo commemorativo dopo il trionfo mondiale. Ha giocato con Burgnich e Facchetti, con Castano e Guarneri, ha visto nascere in azzurro Antognoni, Tardelli, Scirea, Graziani, Cabrini, Paolo Rossi e Bergomi. Ha vinto un titolo europeo e un Mondiale, e anche questa impresa in Italia non è riuscita a nessun altro.

DINO ZOFF - I NUMRI -

Dino Zoff è nato a Mariano del Friuli il 28 febbraio 1942. Ha esordito in Serie A con l'Udinese, il 24 settembre 1961 a Firenze (Fiorentina-Udinese 5-2). Ha giocato in Serie A con Udinese, Mantova, Napoli e Juventus, in B con Udinese e Mantova. In Nazionale ha giocato 112 partite (esordio il 20 aprile 1968 a Napoli, Italia-Bulgaria 2-0), vincendo il titolo mondiale nel 1982.IL PALMARESVenti stagioni in Serie A. due in Serie B. La carriera da giocatore, iniziata nel '61, si protrae fino al 15 maggio 1983, quando Dino Zoff gioca la 570a e ultima partita in Serie A prima di ritirarsi (Juventus-Genoa 4-2) con in lasca l'ennesimo titolo di campione d'Italia. Alla fine ne Colleziona sei, di scudetti, tutti con la Juventus nelle stagioni '72-73 (la prima da bianconero), '74-75/76-77, 77-78, W80-8I e '82-K3. Sempre con la Juventus vince due volte la Coppa Italia (79 e '83) e nel '77 conquista il primo trofeo europeo nella stona della società bianconera, la Coppa Uefa. Sfiora due volte la Coppa Campioni raggiungendo la finale nel 73 (battuto dall'Ajax) e nell'83 (sconfitto dall'Amburgo). Con la Nazionale disputa quattro Mondiali: nel '70, in Messico, è il vice di Albertosi e non scende in campo nell'edizione che vale il secondo posto. Nel '74 in Germania torna a casa dopo il girone eliminatorio, nel '78 in Argentina è quarto e finalmente, nell'82 in Spagna, da capitano della squadra, si laurea campione del mondo. Sempre in azzurro, ha conquistato il titolo di campione d'Europa nel 1968.I RECORDDino Zoff ha il primato assoluto di presenze nel campionato di Serie A: al momento del ritiro, nell'83, ne aveva collezionate 570 (4 con l'Udinese, 93 col Mantova. 143 col Napoli e 330 Con la Juventus). In maglia bianconera non ha saltato una partita in undici stagioni: una serie che, con l'aggiunta delle ultime due partite con la maglia del Napoli, porta a una striscia di 332 partite consecutive in Serie A, ancora oggi record assoluto nel massimo campionato.Un altro record durato a lungo è quello di imbattibilità tra i pali: 903 minuti di fila, una serie interrotta il 18 febbraio 1973 e destinata a resistere ventun anni (battuto, con 929 minuti, da Sebastiano Rossi nel '94). In Nazionale, Zoff ha collezionato 112 presenze, primato assoluto nella storia azzurra. Anche in questo caso ha stabilito un record di imbattibilità, ovvero 1143 minuti senza subire gol: dal 73' di Italia-Jugoslavia 3-1 del 20 settembre 1972 al 46' di Italia-Haiti 3-1 del 15 giugno 1974, primo match dell'avventura mondiale in Germania.

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