martedì 6 gennaio 2009

Un po' di STORIA 4 - Fernando Orsi



Fernando Orsi ex portiere della Lazio tra gli anni 80 e 90, una chiacchierata tecnica sul portiere e sui preparatori dei portieri.




Oggi Fernando dopo un breve periodo di preparatore dei portieri, sempre alla Lazio dove ha allenato Marchegiani e Peruzzi, ora fa l’allenatore. Pensiamo anche di avergli portato fortuna perché pochi giorni dopo il nostro incontro è tornato sulla panchina del Livorno dove era stato esonerato a ottobre, alla settima giornata di campionato.



Lei ha iniziato la sua carriera da allenatore, prima come preparatore dei portieri, poi ha fatto il secondo e infine l’ allenatore, era un obiettivo prefissato o è maturato strada facendo?




Era un obiettivo prefissato. Mi è sempre piaciuto guardare la partita con occhi diversi dal punto di vista del portiere. Un portiere inoltre in parte agevolato perché ha sempre guardato la partita da dietro e ha una visione a 360°, sfatando secondo me un luogo comune sbagliato secondo il quale i portieri non possono fare l’allenatore. Il portiere può fare benissimo l’allenatore.




Lei ha vissuto alla Lazio i momenti più alti della sua carriera, in due momenti profondamente diversi. Quali sono i ricordi più belli di quei periodi e quali le differenze?Il primo periodo è stato bello perché mi ha permesso di debuttare in serie A, di affacciarmi al palcoscenico più importante, poi è arrivata anche la nazionale U21, quegli anni li sono stati fondamentali per me. Sono andato fuori e poi sono tornato da comprimario, poi mi sono tolto delle soddisfazioni da titolare giocando un campionato importante per i posti UEFA. Giocavo contro e con giocatori di statura mondiale: Zico, Platini, Socrates , Maradona e tanti altri, per me è un vanto averci giocato contro; come è stato un onore giocare con grandi campioni del calibro di Giordano, Manfredonia, Laudrup, e poi ancora Doll, Gascoigne, Casiraghi, Boksic, Nedved e tanti altri, è comunque difficile scegliere le due Lazio perché comunque giocavo in Serie A e con grandi campioni.Quando è stato il momento più difficile della sua carriera? E come ne è uscito?La Lazio mi ha sempre messo i bastoni tra le ruote, mi ha mandato via due volte: l’anno della promozione in Serie A perché non piacevo al duo Chinaglia – Pulici, mi mandarono a giocare a Pescara, poi invece sono rientrato per fortuna della Lazio e ci siamo salvati, se non fossi tornato probabilmente retrocedevano. Poi anche nell’era Cragnotti mi avevano messo fuori rosa, puntavano su Di Sarno ma poi rientrai e tornammo in UEFA dopo 17 anni.. Tre suoi pregi e tre suoi difetti. Cominciamo con i difetti: sono permaloso, che sono tre difetti in uno; ho un grosso pregio sono un gran lavoratore, sono uno stacanovista. Mentre invece tecnicamente non avevo grossi difetti tecnici, avevo buona tecnica, diciamo che avevo sei in tutto, ero molto bravo sulle uscite basse, un po’ meno su quelle alte, anche se crossavano in maniera diversa, oggi è più difficile, i cross sono forti e tagliati.La partita più bella e quella più brutta che ha giocato. La parata più bella e la papera più clamorosa. In serie B ho fatto belle cose ma i ricordi più importanti sono in serie A, mi ricordo un Inter – Lazio a S. Siro dove feci una grandissima partita la partita finì 1 – 1; la più brutta a Napoli contro Maradona dove perdemmo 4 – 0 ed esonerarono anche Lorenzo, a me gli esoneri non piacciono, quella fu veramente una brutta giornata. La parata più bella, anche se non fu proprio bellissima ma piena di soddisfazioni, perché venivamo da un brutto momento, quel anno lì iniziammo alla grande e poi ci fu un calo, stavamo a Catania e vincevamo 2 – 1, al 90° ci fu una punizione dal limite io intuii la traiettoria, feci due passi e deviai in angolo, fu una parata importante perché ci permise di salire in A diretti senza spareggi. L’errore più brutto fu in un derby al Flaminio che perdemmo 1 – 0, su un cross di Giannini uscii a vuoto e Voeller di testa fece gol, non fu tanto per l’ errore in se, perdere però un derby in quel modo è brutto, perdere un derby è sempre una cosa bruttissima.Secondo Lei la sua carriera poteva essere migliore e se si quali le cause che non le hanno permesso ciò?Si! Sicuramente poteva essere migliore, perché quando nel 92-93, con l’arrivo di Marchegiani, avessi deciso di andare a giocare in una squadra di serie A più piccola, le offerte non mancavano, avrei potuto fare circa cento presenze in più, fu però una scelta con la prospettiva per poi iniziare ad allenare, qui conoscevo l’ambiente e infatti al termine della carriera ho fatto preparatore dei portieri e poi allenatore in seconda.Lei ha giocato con grandissimi campioni, qual è stato il più grande? Gascoigne. Paul fu un grandissimo campione, però aveva tantissimi problemi, dall’alcolismo ad una instabilità caratteriale che ne ha condizionato molto la sua carriera, la sua genialità era fuori dal comune. Ho visto anche Boksic, Veron, Simeone, Mancini, Nesta, Winter, Fuser, Nedved, Vieri, Salas, Casiraghi; Gascoigne però era la genialità, il fuoriclasse. Ha mantenuto rapporti di amicizia?No. Il mondo del calcio non ti consente di coltivare amicizie, sono dei colleghi di lavoro che in quel momento possono sembrare amici, poi quando cambi squadra ci si perde di vista.
Ha mai pensato che Maradona si accanì un po’ su di Lei?No, però l’ho fatto diventare famoso io, altrimenti come avrebbe fatto a fare le sue cassette.Qual è la cosa che le dava più fastidio di un suo compagno di squadra?Quando durante la settimana non si allenava per bene, perché si ha il dovere professionale di dare il massimo anche se a volte può succedere di non avere tanta voglia o si è dormito poco perché si hanno bambini piccoli, la prestazione della domenica è legata all’andamento settimanale, per questo ci vuole il massimo impegno anche se non si è al meglio; oppure quando, a prescindere se si è amici o meno, non c’è collaborazione con un compagno in difficoltà.
Presumo quindi che da allenatore siano i stessi comportamenti a darle fastidio.Si, da allenatore è peggio. Bisogna entrare nella mentalità dei giocatori. L’allenatore più bravo è quello che riesce a gestire meglio lo spogliatoio ed entrare in sintonia con il gruppo, poi il lavoro è una conseguenza, perché dipende dai giocatori l’ andamento di una gara e di un’annata.
Quali sono stati i suoi “maestri”,? (allenatori e preparatori)Zoff su tutti, poi Ericson e ZemanNello specifico Zoff come interagiva con i portieri?Lasciava molta indipendenza al preparatore, guardava senza mai intervenire o entrare nel merito delle esercitazioni e dell’ allenamento. Ci aiutava mentalmente a capire che il portiere è un ruolo a se stante, dove sei soltanto tu contro tutti, non puoi sbagliare, è un mestiere che prima va preparato mentalmente poi sul campo. Certo per lui era facile ha giocato vent’anni alla Juve e gli hanno tirato quarto volte in porta, però quelle quattro le ha parate! Stava sempre lì. Ha mai sofferto di ansia da prestazione sportiva? Se si come l’ha fronteggiata? Si! Tutte le partite che ho fatto erano accompagnate non da paura ma da una grossa tensione, come è giusto che sia. Gli esordi e i grandi eventi hanno una tensione maggiore, sono adrenalina, incide anche molto il carattere del singolo, poi però giocando ci si convive e si riesce a controllare.Quali sono secondo Lei, fortuna a parte, i requisiti che non possono mancare per diventare portieri di alto livello?Bisogna lavorare molto, avere un grosso spirito di autocritica che ti consente di lavorare sugli errori e migliorarsi, questo è l’unico mestiere che non ti concede pause e quindi bisogna allenarsi molto sulla ripetitività del gesto a migliorare la tecnica, poi ci sono istinto e bravura.
Lei è d’accordo con chi sostiene che la leggenda del portiere “matto” non ha più motivo di esistere?Il portiere deve essere uno “sano” no matto, sempre lucido, quando si getta tra le gambe di un avversario non lo fa avventatamente, lo fa con il tempo giusto, non prende rischi inutili. Per questo deve ragionare più di tutti. I portieri non sono matti. Ci vuole anche molta autostima altrimenti sei finito. Secondo lei perché in Italia oggi ci sono tanti portieri stranieri? È un periodo, ci sono stati i momenti dei grandi difensori dei grandi portieri...C’è qualche motivo secondo lei legato alle metodiche o alle eccessive pressioni?Si le metodiche contano, non c’è più una grande scuola, ci si allena in maniera diversa soprattutto dopo il cambiamento delle regole, gli allenamenti di una volta non si fanno più, ci si allena più con la squadra e con i piedi e si toglie tempo al lavoro specifico. Secondo me c’è un involuzione del ruolo. Prima non c’erano preparatori dei portieri ora ci sono didattiche e scuole di portieri e siamo comunque invasi da portieri stranieri, perché secondo lei?Una volta avevamo qualcosa in più di tante altre nazioni, oggi si sono adeguate, se prima noi avevamo due preparatori in Italia, le altre nazioni non ne avevano. Prima in Inghilterra e in Spagna prendevano il portiere e gli tiravano in porta. Fino a dieci anni fa Italia i portieri uscivano prevalentemente dalle grandi squadre che li crescevano e gli davano un’impostazione: Galli, Zinetti, io stesso e tanti altri. Oggi è più difficile allenare i portieri.Il discorso pressioni ha la sua influenza sul momento dei portieri italiani?Si, moltissimo. Oggi non danno più il tempo di crescere a un ragazzo, se sbagli sei fuori, e questo avviene anche nel settore giovanile, prima si faceva una scelta e si dava il tempo crescere anche se i risultati non erano immediati. Chi sono secondo lei i migliori 5 portieri in seria A?Buffon, Julio Cesar, Doni, Handanovic e AmeliaE del passato?Zoff, Tomacesky, G. Galli, Pfaf e Schumacher.Un portiere che secondo lei è sopravvalutato e uno sottovalutato.Il portiere non è un ruolo che ti consente di vedere se è sopravvalutato o sottovalutato, perché se fa tre errori reiterati va fuori, quindi chi è arrivato a grandi livelli se lo è meritato. Non credo che ci siano portieri sopra o sottovalutati. Un preparatore dei portieri moderno che lavora con le prime squadre che priorità dovrebbe dare al suo lavoro e di conseguenza come dovrebbe programmare il suo lavoro? La priorità è insegnare la tecnica, perché più tecnica hai e più eviti goal, questa è la prima cosa.
Rimanendo nel tecnico del portiere come imposta una preparazione e come organizza una settimana tipo?Il martedì leggero: molto con la squadra, poi tecnica e presa, spostamenti laterali e in avanzamento, presa alta. Il mercoledì mattina fisico in palestra, quindi forza o dei circuiti di velocità andando anche a terra e tanti addominali; il pomeriggio dopo riscaldamento tecnico con prese e movimenti laterali, tiri e partitina. Il giovedì lavoro tecnico: uscite basse e anticipi. Il venerdì palle alte e sempre tecnica. Il sabato rifinitura: riflessi e psicocinetica.Per un settore giovanile?Mi ripeto ma secondo me la tecnica è un elemento fondamentale. Mi piace vedere portieri che bloccano bene la palla, che a terra vadano con la spalla nella maniera corretta, la rialzata che è molto difficile, sulle palle rasoterra vedere appoggiare il ginocchio in modo elegante e le mani bene a cucchiaio. La forza e la forza esplosiva poi arrivano di conseguenza, ma senza la tecnica gli esercizi più difficili non riescono bene, perché se hai coordinazione ti puoi rialzare già pronto per prendere un’ altra palla.
Quali sono le qualità tecnico-umane che non dovrebbero mancare ad un preparatore dei portieri di prima squadra e settore giovanile?Bisogna entrare nell’ottica che è un lavoro di gruppo, anche se poi in realtà il portiere è solo, bisogna comunicare molto con loro, insegnare ai più piccoli gli inconvenienti del mestiere e come fronteggiarli, e ai più grandi anche esprimere fiducia e il più possibile non farli sentire soli.
Un commento sui palloni moderni.Sono d’accordo con Zoff quando dice che i palloni sono sostanzialmente gli stessi e cambia soltanto il rivestimento. Chi è cambiato, e molto, è il calciatore che nei quadricipiti ha una forza spaventosa e i portieri che non bloccano più la palla per Il retropassaggio e le restrizioni sulle uscite basse del portiere hanno aumentato lo spettacolo?Abolirei l’espulsione del portiere per fallo da ultimo uomo, perché ormai gli attaccanti cercano il contatto con il portiere in uscita bassa per l’espulsione e rigore, e non può certo smaterializzarsi! Mentre per il retropassaggio sono d’accordo perché ha reso il gioco meno noioso.
Se rinascesse farebbe il portiere?Sicuramente si! Poi in uno stadio pieno, quando entrano le squadre chi si riconosce subito? Il portiere! Abbiamo la maglia diversa, siamo avvantaggiati!





LA SCHEDA
Fernando Orsi
Dati biografici
Nato 12 settembre 1959 Roma
Ruolo allenatore, ex portiere Carriera Giovanili
RomaClub professionistici
1978-1979 Roma 0
1979-1980 Siena 34
1980-1982 Parma 51
1982-1985 Lazio 82
1985-1989 Arezzo 125
1989-1998 Lazio 43

Carriera da allenatore
2002-2004Lazio (vice)
2004-2007Inter (vice)
2007Livorno

1 commento:

  1. Madonna santa: Qual'e portiere preferite?
    Togli assolutamente quell'apostrofo e attacca le parole: Quale portiere preferite.

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